Mappa di comunità

Mappa di comunità di Trevinano

La Mappa di Comunità di Trevinano è stata realizzata tra il 2024 e il 2025 nell’ambito del progetto “Trevinano Ri-Wind”, sostenuto da fondi PNRR, con l’obiettivo di contribuire alla rigenerazione del paese attraverso attività culturali capaci di generare ricadute sociali ed economiche. 

Dal punto di vista socio-antropologico, questa mappa nasce come uno strumento di ascolto e di restituzione condivisa: un ritratto corale di Trevinano in un preciso momento storico, costruito a partire dalle voci di chi vi abita o vi ha abitato, per nascita o per scelta.

In questa concezione, la mappa non è soltanto un disegno o un oggetto grafico, ma un dispositivo di memoria e di progettualità: consente alla comunità di ricostruire il proprio passato recente, leggere il presente e immaginare scenari futuri, dialogando con le istituzioni locali e con chi guarda al paese dall’esterno. 
 

Che cos’è una mappa di comunità

In questo progetto la mappa di comunità è intesa come il racconto che una collettività fa di sé stessa e del proprio territorio. È una raffigurazione concreta e allo stesso tempo soggettiva, che restituisce ciò che una comunità locale riconosce come caratterizzante e significativo, sul piano materiale e su quello immateriale, in un determinato momento storico e in un preciso contesto culturale.

Da un lato è un manufatto tangibile, che rappresenta luoghi, storie, attività, paesaggi, usi e tradizioni; dall’altro è un processo sociale, attraverso cui la comunità può auto-descriversi, riconoscersi e ritrovarsi. In questo senso la mappa diventa un modo per riscoprire i luoghi della quotidianità e guardarli non come semplici spazi neutri, ma come luoghi intensamente abitati da memorie, relazioni e significati.

La mappa agisce come una bussola collettiva, destinata a evolvere nel tempo: non si limita a custodire la memoria del passato, ma aiuta a orientare desideri e bisogni della comunità, accompagnando cambiamenti, scelte e decisioni condivise. È anche uno strumento di trasmissione: predisporre una mappa di comunità significa creare un archivio permanente e aggiornabile delle persone e dei luoghi, in modo da non disperdere conoscenze frutto di generazioni. Nella mappa trovano posto memorie, relazioni e valori che appartengono più ai sentimenti della gente che alle semplici carte geografiche. 

Il percorso: come è stata costruita la mappa

Mappa di comunità di Trevinano

La Mappa di Comunità di Trevinano nasce dal coinvolgimento diretto delle persone che abitano il paese e il suo territorio. Il lavoro ha previsto oltre cinquanta interviste, per circa trentatré ore di registrazioni, che hanno restituito memorie e racconti che vanno dagli anni Cinquanta e Sessanta fino ai giorni nostri.

Grazie a un questionario elaborato dagli antropologi Marcello Arduini e Sara Fabrizi, e alle videointerviste realizzate dai video-documentaristi Martina Biancarini e Andrea Leandri, sono stati raccolti racconti, ricordi ed esperienze che esprimono il valore soggettivo e condiviso del territorio. Le narrazioni sono poi state analizzate, sintetizzate e tradotte nella Mappa di Comunità di Trevinano, elaborata graficamente dall’illustratrice Francesca Rossi.

Il questionario su cui si basa il lavoro invitava ciascuna persona intervistata a proporre una propria definizione di paesaggio, a indicare cinque cose considerate di valore per Trevinano, a parlare di ricette, luoghi d’affezione, feste, tradizioni, usanze, toponomastica popolare, lavori e mestieri. Venivano inoltre poste domande su ciò che si desidera per lo sviluppo del territorio e lasciato spazio per idee personali circa l’utilizzo futuro della mappa. Ne emerge un quadro ricco e sfaccettato del patrimonio materiale e immateriale del paese. 

Il paesaggio: un valore condiviso

Dalle interviste emerge chiaramente come, per i trevinanesi, il paesaggio sia un elemento di valore essenziale e primario. È citato dalla grande maggioranza degli intervistati e descritto non solo per la sua bellezza, ma anche per il suo valore ecologico, storico e sociale. Qui, come altrove, il paesaggio diventa specchio di una storia e di una cultura collettiva e, proprio per questo, è sentito come bene comune che incarna presente, memoria e visione futura.

A Trevinano non si gode soltanto di un vasto panorama con vista mozzafiato, ma ci si immerge in un ambiente in cui il lavoro umano si intreccia con gli ecosistemi, generando un reciproco scambio che modella e trasforma continuamente il territorio. È considerato un privilegio poter “perdere la vista” in un territorio in cui si fondono più regioni e più province e cogliere, anche nel modo in cui sono arati i campi, le diverse modalità culturali di vivere la stagionalità.

La bellezza naturalistica del panorama, che si ammira da Trevinano, è percepita come un valore aggiunto del vivere in questo paese, che si trova a 619 metri di altitudine.  

“Colpisce la bellezza e varietà del paesaggio, a partire dai paesaggi invernali in cui ci sono queste nuvole basse e sembra che ci siano delle isole sospese in un grande lago, a quelli autunnali con le nebbie e piccoli scorci di sole colorati, ai paesaggi primaverili per l’incantevole varietà di verde che si vede, a quelli estivi in cui il verde si inizia a confondere con tutte le variazioni del giallo…”

Il paesaggio, in questa prospettiva, non è soltanto ciò che si vede, ma anche ciò che si comprende e si vive: è l’interpretazione che la mente costruisce nel tempo sull’intreccio tra natura, storia e lavoro umano.

“La posizione, che sta in alto e vedi a 360 gradi [...] vedi in lontananza il Monte Amiata, il Monte Cetona e Radicofani e sai, perché lo sai che dietro si apre tutto il senese e sei già in Toscana, mentre di qua, verso il Monte Rufeno, c’è tutto bosco e bellezza e vita di animali selvaggi, c’è la natura, mentre di là vedo Radicofani e penso ai paesini. Poi verso Acquapendente vedi le ultime colline e sai che oltre c’è il mare.”

Accanto al paesaggio visivo, vive quello sonoro. Il suono dei campanacci delle mucche e delle pecore che attraversano i campi evoca immagini e memorie condivise. Molti abitanti sottolineano quanto sia importante salvaguardare le attività agricole proprio perché esse proteggono anche questo patrimonio immateriale e sonoro, custode di biodiversità, tradizioni e mestieri che hanno definito l’identità di Trevinano per lungo tempo.

“Anche questo fa parte del paesaggio, perché quando le sere, le mucche si muovono e si sente questi campanacci che attraversano… perché si trovano anche per strada, per carità di Dio! Che attraversano soprattutto la parte, quella della Toscana. E te vedi queste macchie bianche che si muovono. Ehh, quello… Quella è un'immagine che si può permettere di fissare nella propria memoria, soltanto chi sta qui.” 

Mappa di comunità di Trevinano

Luoghi di affezione e vita quotidiana

Il centro storico di Trevinano è ricordato come il cuore pulsante della vita quotidiana. Qui si abitava, si lavorava, ci si incontrava. Nei vicoli si concentravano botteghe e mestieri: macellaio, falegname, panettiere, barbiere, artigiani vari, che con suoni, profumi e presenze animavano il paese. Anche il castello, con i suoi lavoratori, contribuiva alla vitalità del borgo, insieme ai lavori agricoli e domestici che spesso si svolgevano fuori dalle case.

I luoghi di ritrovo erano diversi: il ristorante di Gianfranco, le fonti, la chiesa, la piazza del Comune con il grande ippocastano. Tra le vie, via Porta San Lorenzo è ricordata come la più viva e popolata.

“Trevinano, come è ora è un’altra cosa, è un'altra cosa e non gli rende giustizia. Trevinano, ma non 100 o 200 anni fa, ma 50 anni fa, c’erano botteghe commerciali e botteghe di artigiani e gente, pullulava di vita, in tutti sensi… di odori, di sapori, di rumori quelli buoni delle varie attività, insomma di qualcosa di vivo. Il martello del fabbro, l’odore del pane di Genesio, il profumo della salatura, l’odore delle cantine…”

Oggi nel paese restano poche attività, ma alcune realtà continuano a svolgere un ruolo rilevante: un emporio, un ristorante stellato, una fornace ancora attiva nella produzione del cotto e aziende agricole che, oltre a vino e olio, coltivano l’ospitalità rurale. 

Mestieri, botteghe e lavori

Nel racconto dei trevinanesi emergono con forza i mestieri che hanno caratterizzato la vita del paese. Molti lavori si svolgevano nelle case e coinvolgevano soprattutto le donne: sarte, materassaie, magliaie che lavoravano a domicilio per le ditte, calzolaie che confezionavano scarpe con tessuti e corde, levatrici, braccianti agricole. Oltre ai lavori retribuiti, le donne svolgevano una serie di attività non pagate ma fondamentali per il fabbisogno alimentare familiare: si raccoglievano cicoria, more, fichi, finocchio selvatico, funghi, noci, castagne. Molte donne raccoglievano anche il vinco e la sancastra per realizzare panieri da vendere alle fiere in cambio di prodotti agricoli, come i fagioli di Latera.

In paese erano presenti falegnami, fabbri, muratori, manovali e operai; molti lavoravano alle dipendenze del conte e della contessa e vi erano figure come il fattore, il magazziniere, la fattoressa. Altri lavori, come quello dei carbonai, dei boscaioli e dei taglialegna, avevano un carattere stagionale.

Le botteghe principali comprendevano bar e osterie, macellerie, empori, barbiere, parrucchiera, forno, tabaccaio, benzinaio. La separazione tra attività commerciali non era netta: spesso un negozio vendeva un po’ di tutto, così l’alimentari poteva avere anche merceria e vestiti, e il tabaccaio offrire altri generi. La sovrapposizione, o meglio la moltiplicazione dei mestieri, era un tratto comune in una cultura contadina in cui era importante poter fare “un po’ di tutto”.

Tra le figure ricordate spicca quella di Ascanio il fabbro, legato a un aneddoto che racconta con tono affettuoso l’intreccio tra lavoro, socialità e astuzia quotidiana:

“Racconto questo aneddoto di Ascanio il fabbro. Ad Ascanio gli piaceva tanto bere, però c'aveva una moglie severa che lo teneva in riga e allora lui per non farsi scoprire che andava a bere chiamava sempre un bambino e gli diceva «batti, batti» gli chiedeva di battere sull'incudine perché se la moglie non sentiva il rumore dell'incudine pensava «questo è andato a bere» e allora Ascanio “affittava” tutti quanti noi bambini diceva «Tu continua a battere finché non ritorno io» poi magari ci dava una caramella, qualcosa come regalo, come ricompensa che la moglie sentiva il rumore del martello sull’incudine e non si preoccupava che fosse andato a bere!” 

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